Tornare su quest’isola è un’emozione immensa e familiare, quasi come se non fossi mai andata via .
Capire Pantelleria non è semplice. C’è anche chi è venuto fin qui e non sapeva che non esistono spiagge e così, alla fine, preferendo la comodità della sabbia agli spigoli degli scogli, negli anni successivi ha preferito altre mete, ma non io.
In questa remota isola siciliana si va perché si sente il desiderio di scoprire un pezzettino d’Italia che del tutto Italia non sembra, perché si amano i sapori di Sicilia e si è curiosi di sentirne le contaminazioni nordafricane ; perché si è disposti a conquistare col sudore ogni baia ed ogni anfratto delle sue coste aspre e spettacolari e farsi stupire da un entroterra ancor più stupefacente coi suoi infiniti muretti a secco, le minuscole viti di zibibbo, i suoi ulivi coi rami all’ingiù, le piantagioni di capperi e i caratteristici dammusi sparsi in giro per l’isola.
Nei mesi di dicembre e gennaio i panteschi (questo è il nome degli abitanti dell’isola) vanno in vacanza. Per chi può godersi tutto l’anno il mare e il sole, l’inverno può essere il momento giusto per allontanarsi. Per tutti gli altri invece è il momento migliore per visitare l’isola in tutta tranquillità, senza imbattersi nei turisti.
A Pantelleria, grazie alla sua posizione nel cuore del Mediterraneo a poca distanza dall’Africa, il clima non è mai troppo rigido, e la sua conformazione vulcanica consente di fare il bagno in alcune pozze di acqua bollente anche nei mesi più freddi.
Perno dell’economia pantesca è stata per secoli l’agricoltura, fin dai tempi antichi il pantesco ha sempre saputo modellare la terra attraverso l’attività contadina, lottando contro un vento impetuoso, un terreno spesso inaccessibile e la carenza di acqua. I terrazzamenti con i singolari muretti a secco sono il frutto di un’ agricoltura davvero unica e la vite ne e’ la piu’ grande espressione. In particolare l’uva Zibibbo, giunta sull’isola dalla lontana Mesopotamia ,rappresenta oggi una tipicità unica che porta alla produzione del prezioso passito, considerato nettare degli dei. L’ingegnosa coltivazione in conca protegge la vite dai venti e favorisce la massima irrigazione con le sole piogge.
C’e’ poi il cappero un prodotto unico per le sue qualità organolettiche.
L’ulivo è la terza coltura dell’isola, piante secolari vengono potate basse, in ottobre i lunghi rami degli alberi, allungati e quasi radenti al terreno, si caricano di olive che vengono poi lavorate nel frantoio della zona di Scauri. Le olive pantesche appartengono al 99% alla varietà “Biancolilla”, il frantoio di nuova generazione che utilizza un sistema centrifugo a freddo permette di ottenere un olio di oliva extravergine di alta qualità.
La gastronomia pantesca è legata ai contatti che la comunità pantesca ha avuto con i diversi popoli del Mediterraneo che hanno dominato l’isola. Da provare i delicati ravioli di ricotta e foglie di menta, il pesto pantesco da un profumo intenso a base di pomodoro crudo, aglio, basilico e peperoncino, usato per condire la pasta o per servire con i pesci arrostiti. Il couscous giunge a Pantelleria dalla tradizione africana: piatto unico di pesce farcito da una varietà di verdure e legumi. C’e’ poi la gustosa caponata calda di verdure locali, che prende il nome di “sciakisciuka” e il “cucurummà”, un contorno di gustose zucchine.
Numerose sono le ricette a base di pesce, vera delizia per il palato: ricciole, dentici ,cernie, pesce spada, aragoste e ricci.
Non sono certo da trascurare i dolci: i famosi baci e cannoli ripieni di ricotta .
Insomma e’ un’isola da ammirare tutto l’anno, e non vedo l’ora di tornarvi, sedermi al riparo del cannizzato(copertura fatta di canne e legno che ripara dal sole), ammirando l’orizzonte verso l’Africa , sorseggiando un passito.